venerdì 23 ottobre 2015

A cena sui Monti Cecubi... e la ricetta della zuppa itrana di cannellini e scarola

Absumet heres Caecuba dignior  
servata centum clavibus et mero  
tinguet pavimentum superbo,  
pontificum potiore cenis. 

[Traduzione:
Un più degno erede berrà quei vini cecubi 
serbati ora con cento chiavi, 
e bagnerà il pavimento di vino superbo, 
migliore che nelle cene dei pontefici.
Fonte qui]

Così si esprimeva il famoso poeta latino Quinto Orazio Flacco nel 23 a. C., nella quattordicesima del suo secondo libro di Odi (Carmina, come diceva lui. E che Cum Gaudio Magno saremmo noi, se non avessimo citato il testo in latino?).


Così invece si esprimevano due emergenti foodblogger della Palude duemila anni più tardi, giorno più giorno meno, dirigendosi in auto verso il sud della provincia pontina in un piovoso tardo pomeriggio di ottobre:
"Amore, non sei emozionato che siamo stati invitati a questa degustazione dei vini dell'Azienda Agricola Monti Cecubi sulla terrazza del castello baronale di Fondi, con i piatti tipici della cucina locale? Non è fantastico? Un vero invito a un vero evento riservato a foodblogger, giornalisti e operatori del settore! Non è meraviglioso? Siamo dei veri operatori del settore! E poi l'azienda l'abbiamo già conosciuta a Sky Wine e i loro vini ci sono piaciuti tanto! Non è...?"
"Sì, sì, è tutto meraviglioso, io sono molto emozionato e noi siamo dei veri operatori del settore. Adesso però stai calma e lasciami parcheggiare. Tra l'altro leggo su quel cartello che l'evento è stato spostato presso palazzo Caetani, sicuramente a causa della pioggia. Vediamo se all'ufficio turistico hanno del materiale informativo da darci, così raccontiamo qualcosa di Fondi ai nostri lettori, visto che siamo in anticipo di due ore. Guarda, al piano superiore hanno allestito una mostra sui prodotti tipici della zona... andiamo a dare un'occhiata!"
"Quanti prodotti! Pomodoro Torpedino, pomodoro Fondanello, sedano bianco, olive della varietà Itrana, legumi, arance bionde, mozzarella di bufala, salsiccia al coriandolo, cefalo calamita, olio d'oliva, vino, birra artigianale, pasticciotti all'uva fragola, ciambelle...!"
"Dai, vieni via, mica ti puoi prendere tutte le ricette! Forza, dobbiamo dire qualcosa su Fondi, che mi sembra davvero una bella cittadina. Avanti, leggi il dépliant!"


"La città di Fondi è più antica di Roma. In età preromana il suo territorio era abitato dagli Aurunci e in seguito fu occupato dai Volsci. E' menzionata nelle fonti antiche per l'importante produzione vinicola, in particolare per il prestigioso vinum caecubum che Plinio il Vecchio descriveva come uno dei migliori vini dell'epoca.
"La contea di Fondi fu possedimento prima della famiglia Dell'Aquila, poi dei Caetani, quindi degli Aragonesi, dei Colonna e dei di Sangro. Con i Caetani e i Colonna la città conobbe un rilevante sviluppo artistico e culturale, grazie anche a Giulia Gonzaga che nel Cinquecento vi trasferì la sua corte per alcuni anni.
"Del passato di Fondi restano numerosi e pregevoli edifici storici, come il castello e il palazzo Caetani, le chiese di San Pietro, Santa Maria e San Francesco d'Assisi, il convento di San Domenico e l'abbazia di San Magno ai piedi del monte Arcano, nonché un'antica sinagoga, le mura ciclopiche e i resti di una villa romana lungo il litorale.
"Nella piana di Fondi, rinomata per l'ortofrutticoltura, si trovano numerose sorgenti e diversi laghi salmastri, tra cui il lago di Fondi, anticamente chiamato Amyclanus, che ospita specie ittiche quali l'anguilla, il lattarino, la muggine e il cefalo calamita... Pensi che possa bastare, come informazione per i nostri lettori?"
"Direi di sì, anche perché l'evento sta per iniziare e dobbiamo raggiungere palazzo Caetani!"


Saliamo i gradini della scala in pietra che ci porta al primo piano del palazzo e ci immergiamo nell'atmosfera raffinata di uno splendido salone illuminato, con tavoli rettangolari disposti lungo il perimetro e due file ordinate di botti al centro della sala, alcune delle quali rivestite con eleganti tessuti e nastri colorati. Dietro ai tavoli, i ragazzi dell'Istituto Alberghiero di Formia attendono l'inizio ufficiale dell'evento per servire ai presenti i vini dei Monti Cecubi e i piatti della tradizione culinaria fondana preparati con i prodotti tipici locali, mentre un musicista riempie con le sue note il tempo dell'attesa.


Approfittiamo del fatto che il salone non sia ancora eccessivamente affollato per ammirare il luogo che ci ospita e scattare alcune foto e poi, con i nostri calici al collo, ci dedichiamo attivamente a far conoscenza con i protagonisti della serata: i vini dei Monti Cecubi.
"Ma quali sono i Monti Cecubi?"
"Sono tutte quelle colline prospicienti il mare che vanno da Fondi a Formia toccando Sperlonga, Itri e Gaeta. La parola cecubo in realtà non indica un particolare vino o vitigno, ma un territorio ricco di vitigni autoctoni: l'uva Serpe, il Cerzale, l'Abbuoto, il Ciciniello, il San Giuseppe, l'uva Pane, nonché diverse varietà locali di Aglianico e di Falanghina. L'azienda si estende per 110 ettari, di cui venti coltivati a vigneto, sei ad oliveto della varietà Itrana per la produzione di olio e i restanti dedicati a boschi e pascoli, con sugherete e macchia mediterranea. Le vigne si trovano a trecento metri di quota sul mare di Sperlonga, in mezzo a boschi di sughere, e l'influsso del mare, unito alla forte escursione termica tra il giorno e la notte, alla composizione del terreno e all'esposizione al sole, determina l'intensità, la freschezza e la longevità dei vini cecubi. E poi - amore, questo lo devo dire assolutamente! - sia i vigneti che gli oliveti sono coltivati biologicamente!"


"Hai studiato, eh? Vediamo se sei preparata anche sulla storia."
"Sono preparatissima! Ho letto che i vini di queste zone sono conosciuti e apprezzati fin dall'antichità e sono stati celebrati e cantati da diversi poeti romani. Plinio il Vecchio, stilando una speciale classifica dei vini, riteneva il vino cecubo il migliore, superiore al Falerno che si produceva tra Sessa Aurunca e Mondragone: antea caecubum, postea falernum, scrisse. Columella, nel De Agricoltura, indicava le alture sopra l'odierna Sperlonga come il sito di produzione del miglior vino dell'impero romano. E Orazio scriveva che i vini cecubi erano nascosti, come un bene prezioso, sotto cento chiavi, ed erano superiori perfino a quelli offerti nei ricchi banchetti dei pontefici."


"E sai anche perché i vini cecubi si chiamano così?"
"Stando a quello che ho letto, Appio Claudio Cieco, il costruttore della via Appia, dopo aver percorso agevolmente la pianura pontina si imbatté proprio nella zona montuosa che va da Fondi a Formia attraverso Itri, e si rese conto che queste ultime propaggini dei monti Aurunci costituivano un ostacolo piuttosto impervio da superare. Come ricompensa per le sue fatiche, però, trovò in queste zone un pregevole ventaglio di vini che trasportò a Roma come un carico più prezioso di un trofeo di guerra. Il termine cecubo si suppone derivi da caecus "cieco", congiunto a bibeo "bevo" o bibere "bere", fusi insieme a identificare il "bere del cieco", cioè la bevanda preferita proprio da Appio Claudio Cieco. Ora però basta parlare, io non ho ancora assaggiato niente!"

Ci accostiamo al tavolo riservato alla degustazione dei vini, dove sono allineate in bella mostra diverse bottiglie dell'azienda: il vermentino Amyclano; il Thymos, assemblaggio di Boccabianca (Falanghina locale) e altre varietà autoctone bianche: uva Pane, San Giuseppe bianco, Ciciniello; e il Vinum Caecubum Rosso, composto per il 90% da uva Serpe e per il 10% da Abbuoto e affinato in tonneau. L'azienda produce anche il Vinum Caecubum Bianco, da uve Fiano in purezza fermentate e affinate in tonneau; il rosso Terrae d'Itrj, blend di Abbuoto, Cabernet Sauvignon e Serpe affinato in grandi botti di rovere e castagno; e infine, per la gioia di qualcuno, il passito Dracontion, 50% Fiano e 50% Falanghina, affinato in barrique di rovere e di acacia per due anni.


Ma poiché il qualcuno deve attendere il momento del dessert per avvicinarsi al passito, con i nostri calici e la nostra macchina fotografica ce ne andiamo alla scoperta dei prodotti locali e delle specialità della cucina fondana che vengono servite agli altri grandi tavoli del salone... non senza tornare, di tanto in tanto, al tavolo dei vini, perché lo sanno tutti che ad ogni pietanza il suo vino e ad ogni vino la sua pietanza, no? ;o)

Iniziamo la nostra cena... pardon, la degustazione con un tris di primi: gli Gnocchi con ragù di carne e salsiccia fondana e salsa di  pomodoro Torpedino, le Pettole (lunghi maltagliati) con i ceci e la Zuppa di cannellini e cicoria, che accompagniamo con un calice di Vinum Caecubum Rosso.


Proseguiamo con due secondi di pesce e due di carne: il Baccalà con peperoni arrosto, il Cefalo calamita alla scapece, il Brasato al Vino Cecubo e la Salsiccia fondana con broccoletti. Niente di meglio dell'Amyclano e del Thymos per accompagnare i piatti di pesce; quanto al brasato e alla salsiccia, li anneghiamo doverosamente nel Vinum Caecubum Rosso!


E poi tanti, ma tanti antipasti e contorni: la Salsiccia fondana, il Lonzino, la Tartara di scottona, la Caprese di pomodoro Torpedino e mozzarella di bufala, l'Insalata di pomodoro Fondanello con sedano bianco, olive di Gaeta e cipolla fresca, le Melanzane alla parmigiana, i Peperoni arrostiti, e una meravigliosa Ricotta di bufala con miele e frutti di bosco!


Sul finire della cena arriva anche il momento di conoscere un po' più da vicino l'azienda attraverso i volti, le voci e le parole delle persone che la vivono quotidianamente. Il legame dell'azienda con il territorio, la riscoperta e il recupero dei vitigni autoctoni, i metodi di coltivazione biologici, in una sorta di ritorno al passato per creare innovazione, sono tra i valori che ispirano il lavoro in vigna e in cantina presso l'azienda Monti Cecubi e che ci vengono illustrati con l'ausilio di un video proiettato nel salone, nonché dalla viva voce di Chiara Fabietti, che è l'enologa dell'azienda e che vi presentiamo:


E finalmente... il dessert e il passito!


Vedete i cioccolatini nel nostro piatto?
Per la delizia del solito qualcuno, erano ripieni di Dracontion!
E non finisce qui!
A tarda sera notiamo un tavolo affollarsi di gente, e persone allontanarsene reggendo in mano una misteriosa pallina appoggiata su un piattino...
"Un gelato! Un  gelato! Amore, dobbiamo averlo!"
E non è mica un gelato qualsiasi! E' un Gelato al pomodoro e fiordilatte di bufala con topping di olio extravergine d'oliva Itrana!


Rincasiamo a notte fonda, felici, soddisfatti e satolli.
E a qualcuno viene in mente qualcosa...
Una ricetta.
Di quelle antiche, che sanno di casa, di famiglia e di paese.
Di semplice e di buono.
Di mamme, di zie e di nonne.
E un'idea.
Sapori, colori, consistenze.
Tradizione e un pizzico di innovazione.
"Amore, voglio una bottiglia di Amyclano."
"Per fare cosa?"
"Vedrai!"


Zuppa itrana di cannellini e scarola con pane alla "petarta" e crostone di pane alla "petarta" con zuppa itrana di cannellini e scarola



Per la zuppa
Ingredienti per tre persone:
Gli ingredienti in corsivo sono nostre personali aggiunte alla ricetta tradizionale, per le quali ci prendiamo tutta la responsabilità... e anche tutto il merito!
200 g di fagioli cannellini secchi (o 480 g cotti)
1 carota
1 costa di sedano
1/2 cipolla
2 foglie di alloro
2 foglie di salvia
1 cucchiaino di semi di finocchio, pestati in un mortaio
2 piante di scarola
3 cucchiai di olio extravergine d'oliva Itrana
1-2 spicchi di aglio, tagliati a metà
peperoncino tritato, secondo il gusto
Per servire:
olio extravergine d'oliva Itrana a crudo
2-3 cucchiai di colatura di alici di Anzio (vegani e vegetariani possono escluderla)
pane (senza glutine per chi deve evitarlo) con la "petarta"

Preparazione:
Mettete a bagno i fagioli per una notte, poi scolateli, sciacquateli e lessateli con la carota, il sedano, la cipolla, l'alloro, la salvia e i semi di finocchio. Conservate l'acqua di cottura.
Lavate la scarola, lessatela, scolatela bene, mettetela in una ciotola e tagliuzzatela con le forbici.
In una pentola o casseruola ampia riunite l'olio, il peperoncino, l'aglio e i semi di finocchio (se non li avete usati per la cottura dei fagioli), e cuocete a fuoco medio finché l'aglio non sarà leggermente dorato.
Aggiungete la scarola e fatela insaporire per 10-15 minuti.
Unite i fagioli con il loro liquido di cottura e cuocete a fuoco basso e con il coperchio per circa mezzora, aggiungendo poco a poco l'acqua di cottura della scarola se il liquido dei fagioli non fosse sufficiente.
Spegnete il  fuoco, salate con parsimonia e lasciate insaporire la zuppa per qualche ora. Al momento di portarla in tavola riscaldatela e disponetela nei piatti individuali, accompagnandola con fette di pane con la petarta tostato. Completate il piatto con un giro di olio a crudo e mezzo cucchiaio di colatura di alici per ogni piatto.


Per il crostone
Ingredienti per ogni persona:
una fetta di pane (senza glutine per chi deve evitarlo) con la petarta
scarola ripassata come sopra
fagioli cannellini cotti come sopra
olio extravergine di oliva Itrana
qualche goccia di colatura di alici di Anzio (vegani e vegetariani possono escluderla)

Preparazione:
Lessate e ripassate la scarola come descritto precedentemente.
Unite i fagioli cannellini scolati dal liquido di cottura e fateli insaporire a fuoco basso e padella coperta per una decina di minuti, aggiungendo poco per volta qualche cucchiaiata della loro acqua di cottura per rendere il fondo umido e leggermente cremoso, ma non liquido. Regolate di sale, ma con moderazione.
Tostate il pane e disponete ogni fetta su un piatto individuale.
Appoggiate sul pane qualche cucchiaio di scarola ripassata con i cannellini e completate con un filo di olio e la colatura di alici.
Servite il crostone ben caldo accompagnato da un calice di Amyclano freddo.


Aho', e mo che è 'sta petarta? Che ce state a fa' magna'?
Hai ragione, lettore.
La petarta è... la petarta!
(Il mistero della petarta verrà svelato nel prossimo post!)


La ricetta della zuppa itrana di cannellini e scarola partecipa al 100% GLUTEN FREE FRI(DAY) di Gluten Free Travel and Living.

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

7 commenti:

  1. Questo non è un post...
    È un vero e proprio reportage storico, geografico e, per di più, ricco di gusto! :-))))))))))))))))))))))))

    Buona la zuppa di cannellini con la scarola!!
    La mangiai per la prima volta tanti anni fa, a casa di mia suocera, cotta nel fiasco da una signora di Napoli che mi raccontò della tradizione di casa sua nel cuocerla in quella maniera.
    Beh, rimasi così stupita da quel sapore che da allora spesso e volentieri me la concedo, (anche se la cucino senza fiasco) calda e bollente in inverno e fresca in estate ;-) ;-)

    Mi piace questa tua variante dei semi di finocchio!
    La prossima volta me la preparo così! :-)))

    Un bacio grandissimo e grazie per tutte le preziose informazioni che ci hai regalato! :-* :-* :-*

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    1. Grazie, noi della Treccani ci compiacciamo degli inserti culturali nei post culinari! :D :D :D
      Il fiasco mi giunge nuovo... non so neanche cosa sia... indagherò!
      Quanto ai commenti di sotto... faccio finta di non aver letto! :D

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    2. Sono un po' stupita, perché avevo immaginato che la tua attenzione, più che dalla zuppa, sarebbe stata catturata da quelle due fettine di pane che spuntano qua e là... :D :D :D

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  2. ... e lo so che oramai la moglie vi delizia con la sua scrittura.... ma ci siamo entrambi dietro questi racconti.... :-(

    PS baci :D

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    1. Hai ragione!
      Somara io ad aver usato il singolare e non aver ringraziato "casa cum Gaudio Magno"!!

      Baci pure a te! :-*

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    2. nooooooooooooooo..... è.....che....sono un po' geloso......

      PS. ma non dirlo a Gaudio :P

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    3. Muta come un pesce sono!!! ;-)

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